Neutroni e idrogel per contrastare i tumori
21 Marzo 2021Via alla raccolta fondi per la nuova tecnica radioterapica
Parte oggi sulla piattaforma Internet www.backtowork24. com la campagna di crowdfunding per una invenzione pensata anche grazie a studiosi comaschi.
Si chiama Neutron Brush ed è un apparato innovativo per la radioterapia intra-operatoria finalizzata alla cura dei tumori di tipo solido. Lo ha realizzato con notevoli sforzi e investimenti Theranosti- Centre, start up che vede il fisico dell’Università dell’Insubria Maurizio Martellini come direttore scientifico.
«La nostra tecnica – spiega lo scienziato comasco impegnato in questi giorni di coronavirus nelle lezioni online dell’ateneo lariano – gode di tre brevetti, due europei e uno italiano, e utilizza fasci di neutroni, per irradiare una più ampia e profonda gamma di tumori. Le modalità attuali di irraggiamento richiedono un trattamento terapeutico quotidiano per 5/6 settimane continuative. Trasportare questi pazienti che hanno un sistema immunitario meno efficiente durante un’epidemia, come l’attuale di coronavirus, significa esporli in maniera preoccupante a dei possibili contagi. La nostra invenzione consente una sola irradiazione e non le 20-30 irradiazioni richieste con le apparecchiature esistenti».
In un periodo che vede il servizio sanitario sotto forte stress a causa dell’emergenza sanitaria questa ricerca è un segno di speranza in quanto promette di rendere più efficiente la cura dei tumori. Si parla di neutroni, ma l’apparato non ha sorgenti radioattive al suo interno. E così la fisica subatomica permette una riconversione della tecnologia finalizzata a scopi bellici per guarire i malati. «Mi sono sempre occupato di disarmo e armamenti di distruzione di massa – dice Martellini – e nel 2016 quando ho contribuito a varare la startup, nata come “spin off” del – l’Università dell’Insubria, l’idea vincente è stata utilizzare una sorgente di neutroni come quelle che vengono utilizzate per dare il via alla fusione in una bomba termonucleare». Ma qui non si vuole spazzar via vite umane ma cellule tumorali killer. «Un grosso vantaggio di questa tecnologia – dice Martellini – è che rispetto alla radioterapia tradizionale irradia il letto tumorale che si crea dopo la rimozione chirurgica della massa tumorale principale. Il nostro dispositivo usa un fascio di neutroni generato da un plasma deuterio- deuterio che permette di trasferire più energia sulle cellule tumorali ed è 20 volte più efficiente di tutte le altre forme di irradiazione. In sintesi l’appa – rato permetterà di trattare una più ampia gamma di tumori e più in profondità, fino a 8 centimetri».
Il professore parla al futuro perché si è in una fase cruciale, quella che porta dal progetto alla sala operatoria. Il prototipo sarà pronto entro tre anni, e presto partiranno i test in un laboratorio dell’Enea nel suo centro di Brasimone nell’Appennino tosco- emiliano in un apposito bunker.
Lorenzo Morandotti – Corriere di Como